L’hanno trovato morto dopo otto mesi ch’era già morto: da agosto scorso, di Pier Attilio Trivulzio – giornalista piemontese – non si avevano più notizie. Da qualche parte, nascosto in qualche comma, oltre al Diritto Romano vige anche il diritto d’infischiarsene? Già una notizia del genere è curiosa per il macabro che in essa è contenuto; un macabro che diventa curiosità quando realizziamo che una sciagura altrui, quando non ci riguardi personalmente, tende ad allontanarsi tremendamente. Accade anche questo nell’epoca del tutto e sempre connesso: che siamo costantemente connessi col mondo intero senza accorgerci che non siamo più connessi con la vita. Diventando incapaci di narrarci la vita, la morte.

Torni a casa la sera e t’accorgi che il camino è spento? Nessun problema: raccogli della legna e accendi il fuoco. Trovi la tavola da preparare? Prendi una tovaglia e la prepari. Rincasi e t’accorgi che il frigorifero è vuoto? Nell’epoca dei supermarket h24, scendi e fai la spesa. Non c’è la luce accesa? Che ci vuole a premere il pulsante, o sostituire una lampadina, e accendere la luce? Nessuna, tra queste e altre simili, è una solitudine mortale. La vera solitudine è ritornare a casa alla sera, magari con il cuore stanco e urgente, e accorgerti che non c’è nessuno ad aspettarti. Questa, a conti fatti, è la solitudine che uccide: e, in caso di morte, fa sì che il mondo manco si accorga che tu te ne sia andato.

Trivulzio, a chi l’ha conosciuto, lascia il ricordo di una penna graffiante, mai banale: «Ogni settimana uscivano pagine da incorniciare – racconta un suo ex direttore -. Mica fuffa». Era un uomo di cronaca: affrontava con coerenza i casi di cronaca, raccontano di lui. E di tantissima cronaca, nascosta in ogni angolo di strada, in qualunque bar o caffè è piena qualsiasi città. C’è tanta umanità che ci attraversa la strada, gli occhi, le mani in un giorno qualunque. Non è rancore verso il genere umano fregarcene: ci farebbe disonorare. È un’elegantissima indifferenza che, senza manco accorgercene, inizia a far morire la vita stessa: è nel momento in cui diventiamo silenziosi sulle cose che contano che iniziamo a morire. Nel frattempo, da qualsiasi pulpito, siamo tutti con un megafono in mano a sponsorizzare un mondo differente. Senz’accorgerci che un mondo differente non è possibile che venga inaugurato da persone indifferenti. Alla vita altrui, alla morte altrui. Anche questa è cronaca nera: la nera cronaca del menefreghismo davanti alla porta di casa nostra. Sul nostro pianerottolo.

(da Specchio de La Stampa, 26 marzo 2023)


(*) L’immagine dell’articolo è tratta da www.rsi.ch

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: