coruzziIn un villaggio c’era un giovane che tutti prendevano in giro perché ogni giorno si allenava con il suo arco, puntando le frecce contro le stelle e non contro un bersaglio vicino. “Non le colpirà mai” diceva la gente, sogghignando. In occasione di una festa, nel villaggio furono organizzate gare e ci fu anche il tiro con l’arco. Il ragazzo era fra i partecipanti e, con estrema facilità, risultò il vincitore. Non sarebbe potuto andare diversamente: quel ragazzo si era allenato a puntare più lontano degli altri.
Sognare, carissimi ragazzi, non significa vivere con la testa fra le nuvole, ma «vedere con il cuore». E non dire “sono troppo giovane”: perchè la storia l’hanno scritta i giovani. Alessandro Magno a 18 anni vinse la battaglia di Cheronea; Giovanna d’Arco aveva soltanto 17 anni quando liberò la città di Orleans; Mozart a 12 anni aveva già fatto tourneè in tutta Europa e aveva già composto i primi brani; Guglielmo Marconi compì il primo esperimento di trasmissione senza fili a 21 anni; Domenico Savio fu santo a 15 anni; Maria Goretti morì a 12 anni; Santa Teresa di Lisieux a 25 anni; Pier Giorgio Frassati a 24 anni. Gesù di Nazareth morì a 33 anni!
Sono troppo stanco. Depresso. Confuso. Nessuno mi capisce. Nessuno mi vuole bene. Tutti ce l’hanno con me! Figurati se me ne va bene un. Lui si che è intelligente. Lei si che è bella. Non ne sono capace. Non ci provo nemmeno. Non ci riuscirò mai. Tanto non serve a niente! Ma poi: cosa dirà la gente? E’ tutta colpa vostra! Ah, se avessi. Se fossi. Se diventassi. Sarebbe terribile. Se mi capitasse, mi sparo.
Mi son chiesto: se la maggior parte degli uomini e delle donne avessero ragionato così, dove sarebbe finito il mondo? Forse sarebbe entrato pure lui in toto in uno dei tanti reality show della TV! Invece nel mondo c’è stata gente che ha sognato: e paradossalmente, è il sogno che impedisce di dormire: sveglia, mette in piedi. Quando, nel mondo, è accaduto qualcosa di nuovo, di decisivo, è stato grazie a dei «sognatori» inguaribili, che si ostinavano a immaginare una realtà, un modo di essere diversi dal quadro mortificante e insopportabile che avevano sotto gli occhi. Martin Luther King «aveva fatto un sogno», e lo gridava alle folle dei suoi fratelli neri. Chi sogna da sveglio, frequenta un mondo inedito, anzi, lo inventa, lo crea.
E siccome il sogno è l’altro nome della giovinezza, oggi diamo il benvenuto a due miei amici – che ringrazio della loro gentilezza e disponibilità – che ci mostreranno come il mondo dei giovani sia un fuoco meraviglioso. Che necessita, però, d’essere acceso.
Rita Coruzzi ha 24 anni. Non è facile spiegare chi è perchè la sua vita è composita e delicata da tratteggiare: non è una ragazza come le altre. A causa di una nascita prematura sono sorti molti problemi dovuti anche alla lussazione dell’anca e alla mancanza dell’acetabolo. Le gambe non ne volevano sapere di stare in piedi, tutto il corpo era debole e fragile. Ma tutto ciò non l’ha fermata. Anni di fisioterapia con sacrifici e dolori enormi da sopportare per il fisico di una bambina, ma un carattere che lentamente andava rafforzandosi. Eppure tutto ciò non bastòad evitarle l’umiliazione di vivere su una sedia a rotelle per tutta la vita. Il mondo le crolla addosso e le certezze vacillano. Pure la certezza su Dio. Fino al giorno in cui lesse la sua vita con un’ottica diversa: la carrozzina era la cattedra che Dio le aveva riservato per tenere le sue lezioni al mondo. Adesso è la sua vita che parla: e che non si ferma più. La sua è una storia che entra ovunque: dai giornali alle televisioni. Ma c’è un punto in cui entra e non esce più: è l’anima di chi l’ascolta. Quell’anima, carissimi ragazzi, di cui tanto abbiamo parlato nei nostri incontri. Dalla sua storia Rita ha appreso quattro segreti: non perdere tempo, non arrendersi mai, accettare la nuova condizione, avere fede e credere che Dio per noi riserva sempre il meglio. La sua storia adesso è un libro: Un volo di una farfalla.
Questa di Rita è una faccia della giovinezza: quella di chi la vive in prima persona. L’altra è la faccia che racconta la TV, quella TV che sa ancora portare alla ribalta storie belle e significative.
pif2L’altro ospite oggi è Pierfrancesco Diliberto – conosciuto con il nome d’arte di Pif -: è un conduttore televisivo e uno scrittore italiano. Un liceo scientifico alle spalle e una passione immensa per la televisione: l’università, snobbata, fu la sua permanenza nella città di Londra dove partecipò ad alcuni corsi per raggiungere il suo sogno. Ha collaborato con Franco Zeffirelli (Un tè con Mussolini) e con Marco Tullio Giordana (I cento passi) per poi diventare autore televisivo. La sua prima opera fu Candid Camera Show su Italia 1 per poi divenire celebre con la sua presenza a Le Iene dove partecipava alle feste della Lega Nord o in Sicilia nei panni di un abitante del Nord Italia. Entra ad MTV e mette a frutto la sua esperienza ideando e conducendo il programma Il testimone. Armato di telecamera, di cassette e di un pc sul quale montare i suoi reportage, Pif ascolta, cerca di capire, si preoccupa di spiegare e di offrire uno sguardo originale su realtà che i media snobbano o frequentano pochissimo. Perchè lui una cosa dice d’averla capita in tanti anni di viaggi e incontri: quella che c’è ancora molto da capire. Pigro per natura e appassionato dello sport meno faticoso al mondo – il dormire – in realtà nasconde un grandissimo amore per il mondo dei giovani: fino a renderli protagonisti del suo mestiere.
Cari ragazzi, vi ricordate l’episodio di Filippide, il maratoneta che nel 490 a.C. partecipò alla battaglia di Maratona? Gli ateniesi contro l’immenso esercito Persiano! Fra tutti gli Ateniesi erano rimasti in città solo donne, i vecchi e i bambini. Si erano assiepati sui muraglioni per scorgere se giungeva da lontano qualcuno che recasse lieti annunzi. Questi fu Filippide, che fece di corsa i 42 km 195 m. che separavano la pianura di Maratona dalla città di Atene. La gente lo vide comparire. Quando arrivò sotto le mura. Gridò: “Rallegratevi, abbiamo vinto!” e crollò al suolo. Non vi dico queste cose per suscitare delle buone emozioni: sarei un essere perverso. E’ perché son convinto che noi cristiani che viviamo la Parola del Signore dobbiamo saper introdurre speranza nelle vene della storia. Possiamo anche alimentare le preoccupazioni, ma la speranza dev’essere grande.
Le nostre stamattina sono le parole di un messaggio che viene da lontano. Noi siamo semplicemente passati di qui per scarabocchiarvi delle cose. Ma vi assicuro che le sentiamo col cuore e proviamo ogni giorno a metterci concretezza. Tante volte non riuscendoci. Ma questo terreno buono non è lontano: è la nostra quotidianità. Domani molti di voi torneranno a scuola. Ognuno raggiungerà le proprie dimore. Domattina, magari in autobus, mentre raggiungerete la scuola direte: “Com’è che ieri sera mi sono scaldato, ed oggi sono invece tornato alla routine?”. Forse penserete questo. Però ricordate che soprattutto a noi giovani è affidato l’avvenire del mondo! Perciò innamoratevi, imparate a parlare delle cose belle: innamoratevi della poesia. So che qualcuno tra voi prega e fa pregare mamma e papà. C’è chi canta, balla, s’inventa un gesto di bontà. C’è anche chi cazzeggia: ma la storia non si ricorderà di lui. Noi queste cose ve le diciamo perché ci crediamo, perché tanti giovani ci credono, perché siamo tanti – con scelte diverse – che vogliono migliorare il mondo.
Avete ragione: forse non ci riusciremo. Ma come direbbe il nostro amico Alessandro Zanardi, alla fine rimarrà comunque la bellezza di averci provato.
Per non correre il rischio di vivere da insignificanti sulla faccia della terra.


(dalla presentazione dell’incontro L’elogio della giovinezza ideato e condotto il 27 aprile 2010 da don Marco Pozza presso l’Istituto Padri Cavanis di Possagno (TV) con la partecipazione di Pierfrancesco Diliberto (in arte Pif) e Rita Coruzzi.

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