La notizia è buffa, da applaudirsi sgranando gli occhi: Giovanni Battista, l’uomo delle emergenze, versa lui stesso in una situazione d’emergenza. Giunto all’età pensionabile – in materia di profezia e affini – un dubbio lo assale: “E se avessi sbagliato completamente tutto, fidandomi della persona sbagliata?” Nella nebbia d’una cella di galera – «era in carcere» – la sua anima va in preda ad una tremenda crisi. Il silenzio di quella cella angusta, il sospetto d’essere finito nelle mani ingiuste di un paranoico assassino come Erode, il rumore del ferro che sta per tranciargli la testa e la carotide, gli fa dubitare dell’intera esistenza. Sostare, anche solo per qualche istante, nel regno d’una patria galera è rischiare d’andar in gita nel posto più pericoloso del pianeta: la propria coscienza. C’è ancora uno sparuto gruppetto di cuori fidati a sostenerlo nell’ora annerita del dubbio. A loro chiede l’ultimo aiuto: «Mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?» Il che era come dire, sotto mentite spoglie, s’era stata tutta una truffa questa gran rivoluzione dei cuori alla quale lui aveva prestato ascolto e dedicato la vita. Già un Battista dubbioso, per i più, basterebbe per diffamare Cristo: “Apposto siamo se persino lui dubita di quell’Altro” bofonchia quel lercio di Lucifero. Non capisce, bel porco com’è, che il problema dell’umanità non sono gli intelligenti che sono pieni di dubbi, ma gli stupidi che sono sempre sicurissimi delle loro visioni. Della loro idea di Dio.

Vanno, dunque, alla sorgente: per chiedere lumi. Rincasano da Giovanni senza alcuna risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: che i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi son purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo». Non risponde Iddio, ma li costringe a guardare ciò che sta accadendo sotto i loro occhi. E a darsi da sé la risposta: “Tanto – avrà ragionato il bell’Uomo di Cristo – non c’è più cieco di chi non vuole vedere”. Rassicurarli dando loro un’altra risposta? Anche no: la sola risposta possibile è la realtà, ciò che accade, la vita che scivola addosso. E Lui, il Cristo cantastorie, ha deciso di rispondere solo con le storie: raccontando storie scassate di periferia, storie luride di miseria, storie malmenate dalla vita. Storie di penultimi della classe, se non addirittura di ultimi, alle quali la fiducia in Lui ha rigirato la sorte di trecentosessanta gradi. Poi, una volta raccontata una storia, partirà il gioco del telefono senza fili: toccherà a loro raccontarla ad altri, che la racconteranno ad altri ancora, all’infinito: «Andate e riferite a Giovanni». I due amici, nell’emergenza, giocano la più delicata delle partite di ping-pong: si parlano per interposta persona, si cercano nascondendosi nella fragilità di una storia qualunque. Il loro ultimo colloquio viaggia su fragili parole di ambasceria.

Più si cerca l’assoluto, più si sprofonda nel dubbio nero: persino nel dubbio d’avere sbagliato a fidarsi non dello spazzacamino, dell’ingegnere edile o della donna delle pulizie ma nel Dio della salvezza. “Suvvia, dimostrami l’esistenza di Dio!” – sfotte Satàn gli animi onesti. Mica può capire, lestofante com’è, che non si dimostra l’esistenza di Dio: l’unica missione, urgente e necessaria, è quella di mostrare l’esistenza di Dio. Dimostrare non è mostrare. Per dimostrare basta un discreto cervello, tre conoscenze, un po’ d’eloquenza: non è necessaria la vita. Per mostrare, invece, occorre passare attraverso il rischio del proprio sguardo: nessuno presta mai fiducia ad uno che dice cose che non vive. Certo che dubita il Battista: dubitare, anche di sé, resta il primo segno d’intelligenza. La convinzione incrollabile, invece, è un’invenzione dei fanatici. Lui, invece, dubitando s’è portato a casa una laurea ad honorem dal Cristo: «Fra i nati da donna non è sorto nessuno più grande di lui». Il suo segreto è semplice (a dirsi): non dimostrò Dio ma provò a mostrarlo, riflettendolo in una vita così naif d’apparire demente. Fatto questo, poi, non solo (Lo) vide ma credette al veduto. E questo fece la grande differenza.

(da Il Sussidiario, 10 dicembre 2022)

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui» (Vangelo di Matteo 11,2-11).

3 risposte

  1. Confido, confido, confido che LUI non mi abbandoni MAI.
    Sulla via di Damasco, rai 3, testimonianze che prendono il cuore. Grazie don Marco. Sempre 💕🙏💕

  2. Messaggio bellissimo, don Marco!
    Mia madre avrebbe detto: “adatto proprio a chi non vuol capire”.
    Sinceramente non avevo mai pensato alla differenza tra mostrare e dimostrare, tutta presa dal verbo testimoniare, in alternativa alle dimostrazioni.
    Mi piace il Suo stile comunicativo perché, in in tempo in cui la Lingua italiana quasi mai è parlata, ripartire dai verbi essenziali significa ancora più comunicare che la grammatica divina è semplice e comprensibile.
    Mi chiedo: quale senso avrebbe oggi il Battista se non avesse “provocato” i suoi discepoli ad incontrare il Maestro?
    Così mi piace leggere anche la Sua missione di Parroco del “Due Palazzi” e della nostra parrocchia virtuale “sullastradadiemmaus.it”: riporta la Parola al centro della Vita quotidiana, interpella, “provoca” mediante la Bibbia ed il giornale, scoprendo che molti di noi sono affamati non di verità dogmatiche ma di erba del buon Pastore.
    Grazie per tutto quanto fa, ogni giorno!

  3. Grazie don Marco per tutte le sue parole di speranza, a volte estratte dalla pietra, con fatica, ma sempre con convinzione. Sembra tutto così semplice… I suoi libri, le sue apparizioni in TV, i “suoi” carcerati, le conversioni… Ma è quando i pensieri si infittiscono e la mente cerca di vedere il nesso tra i vari “scomparti” che si apre un barlume di verità e dietro quel sorriso accattivante, di cui nostro Signore si serve per essere gioiosamente presente tra noi, vedo tanta fatica, tutta la sofferenza assorbita nella sua missione, come fosse lei a continuare a portare quella Croce che tanti, io compresa, non vorrebbero portare. E’ stata una Grazia (nemmeno richiesta espressamente) incontrare lei qui in mezzo a milioni di parole che ogni giorno vengono condivise. Buon vento… Buon Avvento don Marco.

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