La domanda è un mezzo tranello. Più che un tranello, è una confessione: il pettegolezzo, la curiosità morbosa, nasce sempre dalla presunzione di essere migliore degli altri. Eccola, dunque, la domanda. Scivolosa come una buccia di banana: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?» E Cristoddìo a domanda reagisce alla sua stupenda maniera: nessuna risposta. Si rifiuta di rispondere: “La salvezza, caro mio, non è una faccenda che si misura a spanne, un discorso generico: è un tu per tu che solo alla fine, quando s’abbasseranno le serrande della storia, potrà dirsi completato”. Nel frattempo, dunque, l’unica cosa da fare sembra essere quella di sempre: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta». Ovverosia: invece di perdere tempo a chiederti quanta gente, alla fine dei tempi, ce la farà, dàtti da fare per riuscirci tu. Perchè il rischio di chi ama fare i conti in tasca al Cielo è quello di sbagliare completamente i conti: «Molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno». La situazione, a sentir parlare Cristo, è ancora più rovinosa: molti penseranno d’entrarci grazie a qualche raccomandazione – «(Ma come?) Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze» – ma la porta rimarrà chiusa. Con parole destinate a rodere l’anima in eterno: «Non vi conosco!»
Eppure, la domenica, siamo sempre andati a messa; ci siamo confessati prima di comunicarci; ci siamo appesi i comandamenti sul frigorifero perchè nessuna mattina iniziasse senza la loro lettura; abbiamo fatto l’adorazione perpetua delle regole tutti i santi giorni. E, siccome tutto questo non l’abbiamo fatto a caso ma con meticolosa precisione, ci aspettiamo il tappeto rosso davanti a quella porta: “Dopo tutta questa fatica, in fondo al tunnel non mi basta trovare la luce, come minimo mi devono far trovare i fuochi d’artificio” pensiamo. Invece eccolo il risultato finale, dopo aver sommato tutti gli sforzi fatti, più quelli sopportati: un bel quattro di picche, un «Non vi conosco!» che rovescia come un calzino le aspettative di chi aveva pensato che bastasse osservare le regole per entrare in Paradiso. È incredibile la facilità con cui pensiamo di prenotarci un posto riservato lassù: tre Ave Maria, un tot di messe gregoriane, un’ottima collezione di rosari e di novene. Più qualche pellegrinaggio nei luoghi snob della pseudo-cristianità. E se Cristoddìo dicesse che facendo tutto ciò – che è meraviglioso e apprezzabile – non si raggiungesse nemmeno il minimo sindacabile per entrare nel Regno di Lui? A sentirlo parlare, è facilissimo fallire il bersaglio: basta aver sempre tenuto presente Cristo – aver addirittura mangiato Cristo nell’eucaristia – e non essere mai diventato Cristo per nessun povero-cristo. “Grazie per le bellissime liturgie, per le messe fatte celebrare per zia Pinnuccia, per le laute offerte lasciate per il nuovo centro parrocchiale. Ma erano altre le mie priorità” dirà un giorno Cristo a chi, come me, pensa di salvarsi perchè ha fatto festa assieme a Lui. E scoprirò che la mia fede, alla fine, assomiglia a quei prodotti alterati la cui bellezza non riesce a conservarsi se non tramite infiniti artifizi: «Non so di dove siete!».
Dentro, invece, è già entrata gente che per noi era poco raccomandabile, giunta «da oriente, da occidente, da settentrione, da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio». Pregare Cristo non costa fatica: è il diventare Cristo la sfida di Sisifo. Ragione per cui se una cosa non costa nessuna fatica, vuol dire ch’è stata fatta male: non è il carico che ti fracassa la schiena, è il modo in cui lo porti. Che poi attraverso quella porta «stretta» siano riuscite ad entrare altre persone (piuttosto che noi) la dice lunga: quaggiù, a chi non è “dei nostri”, spesso, facciamo trovare porte chiuse, giudizi taglienti, fucilate in pieno petto. Saper che quella di Cristo è una porta stretta ci fa capire che, almeno, è una porta aperta. E non è poco: meglio una porta stretta e aperta che una larghissima e blindata. Magari con una bella fioriera (di fiori finti) davanti. Tanto per darci un pizzico di colore.
(da Il Sussidiario, 20 agosto 2022)
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi» (Vangelo di Luca, 13,22-30).