Era un uomo, Cristoddìo, che aveva ali per volare ma scelse di camminare invece che sorvolare il mondo. Gli avessero chiesto il motivo dell’umiltà, a conti fatti avrebbe potuto rispondere con il cuore: “E’ che a volte, amici miei, vince chi arriva per ultimo: l’ultimo amore, quello che rimane oltre (dopo) ogni attesa. È’ quello che porterai nei tuoi giorni a finire”. Perchè, sotto sotto, è molto più bello quando gli altri scoprono le nostre buone qualità senza il nostro aiuto: «Quando sei invitato, và a metterti all’ultimo posto – è il suggerimento del miglior Ultimo della storia -, perchè quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!” Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali». Non che se io mi siedo all’ultimo posto penso di valere meno degli altri, tantomeno vuole dire che io abbia poca stima di me stesso: significa, piuttosto, che sono totalmente libero dal pensare a me stesso. E’ l’umiltà delle cose: si dispongono tranquille là dove le posi, modeste, silenziose. In attesa d’essere riutilizzate, spostate, riprese. «Io ritrovo, passando, l’infinito nell’umiltà» scrisse il poeta Umberto Saba.
Il Gesù dei Vangeli, a proposito di cene e di banchetti, se n’intendeva così tanto da meritarsi l’appellativo di mangione e di beone: “E’ uno che pensa solo a mangiare e bere” sparlavano di Lui quelli che, per partito preso, erano diventati specialisti nella diffamazione. Lui lasciava che l’acqua gli scivolasse addosso e lo bagnasse: restava in attesa che il vento l’asciugasse. Era uno appassionato nel fare il bene di nascosto. Poi, quando disobbedivano andando a divulgarlo in giro, quasi arrossiva: “E’ stato Dio, non io: son solo stato il suo strumento io!” Le cose che fece, insomma, le fece perchè provava piacere a farle. E, per quanto gli fu possibile, insegnò agli uomini a fare lo stesso: “Per vedere cose mai viste, è necessario fare cose che nessuno ha ancora fatto sinora”. Del tipo: far saltare il banco ad una festa mettendosi all’ultimo posto, evitando di sgomitare per star in prima fila. Per poi scoprire che, quando arriva il festeggiato, prima di sedersi viene in cerca di te, ti prende per mano e ti accompagna vicino a lui come su un tappeto rosso. Un passo indietro, certi giorni, è il più grande passo in avanti: “In quest’ultimo anno son cambiata moltissimo – mi ha scritto un giorno un’amica -: ho fatto un grosso passo indietro. All’inizio pensavo fosse una resa ma oggi mi accorgo che, invece, mi ha aperto la testa come mai prima”. S’indietreggia, a volte, non per lasciarsi sfilare ma semplicemente per prendere la rincorsa.
Dette Lui l’esempio, scegliendo tutte le volte che gli fu possibile, di essere l’ultimo della fila. Anche a costi, certe volte, di accorgersi che la gente farà festa senza di Lui: «Fu festeggiato l’anniversario di un uomo molto modesto – scrisse A. Checov – E soltanto alla fine del pranzo ci s’accorse che qualcuno non era stato invitato: il festeggiato». Capita così anche con Dio, certe volte: prendiamo a prestito le sue feste, i suoi motivi di festa, ma Lui ci dimentichiamo d’invitarlo. “Avanti sempre! Tutto torna – ragiona lui –: se amassi Giovanni che già mi ama, che merito ne avrei? Io, invece, voglio amare Giuda, che mi tradirà. Questo, per me, è amare: dare avendo la quasi certezza di non ricevere il contraccambio”. A lavare dei piedi puliti, d’altronde, sono capaci tutti: l’umiltà, in quel primo Giovedì Santo, fu di lavare i piedi sporchi degli amici. Divenne, in un battito d’ali, il brand della salvezza: «Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perchè non hanno da ricambiarti. Riceverai la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti». Il che, val bene sottolinearlo, è impopolare: nella logica del mondo, nessuno fa niente per niente. Così, però, il mondo resta immobile: ci si sposa tra ricchi, si festeggia tra amici, si passa la vita a ricambiarsi favori. Per avere cose mai avute, invece, occorre fare cose mai fatte. Per chi sarà pronto a correre il rischio, Cristoddìo assicura che la vita dall’altra parte è spettacolare.
(da Il Sussidiario, 27 agosto 2022)
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti» (Vangelo di Luca, 7,1.7-14).