crisiStanco morto, morto stanco, stanco da morire, morto per stanchezza: imbarazzo della scelta per chi vuol cercare una studiata motivazione al clima che si va annusando tra le botteghe di quartiere e i volti di paese. Il premier Berlusconi la nega a più riprese, l’Economist la vede dappertutto, gli statisti la scorgono dietro un cedimento di mibtel, il bambino l’intuisce all’approssimarsi del compleanno. La mamma ne inanella una battaglia serrata tra le mura di casa, il padre teme che le rubi il posto di lavoro. Il vecchio di paese non ne ricorda una simile, la nonna fa quadrare i conti con vecchi risparmi nascosti sotto il materasso mentre il parroco invoca sobrietà. La Chiesa s’appoggia a lei per invocare uguaglianza, la politica per celare vecchie ruggini di partito, lo sport sembra l’unico ad esularne i lineamenti. Dicono che cesserà, dicono che stia tramontando, dicono che stia muovendo appena i primi passi. Di fatto quest’estate sarà lei a dettare traiettorie di viaggi, investimenti edilizi, soggiorni da mille e una notte. Lei, la tanto temuta – osteggiata – invocata crisi, quest’estate sarà il vero tormentone. Perchè attraverso la sue danze e i suoi movimenti intercontinentali (e interconfessionali) mostrerà la possibilità, l’impossibilità e l’arditezza di vivere come se lei non ci fosse. La teologia da anni denuncia a più riprese il rischio di vivere “etsi Deus non daretur” (“come se Dio non ci fosse”): e ne mostrano le conseguenze. Gli slogan pubblicitari e le nenie dei venditori di fumo cantano l’ira funesta di traghettare un’estate come se la crisi non ci fosse. Ma non rassicurano circa gli effetti che si mostreranno appena il mese di settembre festeggerà la sua nascita nel calendario d’autunno.
Il contadino assicura che non tutto ciò che luccica è oro: ma qualcosa, seppur in minima parte, lo sarà di certo. Nessuno oggi s’azzarda a testimoniare d’aver incontrato nel nostro mondo la vivacità, la fantasia, la creatività e l’intraprendenza. Perchè un clima di stanchezza c’avvolge da cima a piedi fino a regalarci quel senso di noia che non riesce più a riscaldare il cuore, ad accendere la passione, a rimettere in movimento i sogni. Oggi la bottega dell’artigiano ha dovuto cedere la licenza alla tipografia del copista: inventare cose inedite, partorire capolavori di fantasia, ingegnarsi innovativi brevetti non fa la fortuna di nessuno. La produzione in serie detta ora la moda: contraffazioni e fotocopie, riciclo di programmi e slogan elettorali già letti, design usurati dall’uso e arredamenti d’interni visti sotto marchi tra loro concorrenti. Discorsi riletti, prediche ingiallite, programmi infiacchiti: ma tutto perfetto, tremendamente perfetto, bellissimi ma senz’anima. Il Santo Padre predica e scrive encicliche, il Presidente della Repubblica ammonisce e addita, il sindaco propone e suppone, la mamma reclama, invita e incoraggia. Provvidenziali questi semi in tempo di tempesta: ma la stanchezza ne impedisce l’attecchimento e non permette alle parole di trasformarsi in splendidi parti.
Nel frattempo lei, donna Crisi, incurante dell’ignavia e forte della non considerazione, volteggia, danza e passeggia sempre più festante. Perchè la stanchezza della mente era il suo sogno sin dal primo giorno della venuta tra noi. Ed è soddisfatta del risultato finora ottenuto. Solo quel volto l’impensierisce un po’: mentre tutti son distratti e festeggiano, lui studia, inventa e continua a creare. Tradisce l’estate delle spiagge per annodare intuizioni che si richiamano tra di loro. La crisi lo teme perchè, rileggendo la storia, sa bene che morta lei torneranno a brillare solo coloro che hanno tenuta accesa la creatività. D’altronde i vecchi maestri insegnano che i grandi uomini d’azione sono stati prima di tutto uomini di contempl-azione. Sopratutto in tempi di crisi. O meglio: in barba e grazie alla crisi.

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