boyleOcchio contro orecchio. Perchè l’occhio, vantando un vecchio diritto di prelazione, vuole la sua parte. Fino a decretare la fortuna di certi prodotti che sono entrati nell’immaginario collettivo. E renderli beni di prima qualità, come il pane e l’acqua: eye-liner, kajal, khol, matita, mascara e ombretto (opaco, madreperlato, satinato), cipria, fald e polveri, fissatori, correttori e fondotinta. Oggi il mostrarsi belli è sinonimo d’essere belli. Lo dicono le modelle e le conduttrici, le giornaliste e le soubrette. Lo dice Nina Moric, Belen Rodriguez e Angelina Jolie: mostri sacri dell’artificiale bellezza esteriore. Così belle da indovinarne l’irrealtà: ma anche l’occhio vuole la sua parte.
Susan Boyle – che qualcuno ha già ribattezzato Susan Boyler – di tutto questo non tiene nulla. Quarantasette anni sulle spalle, un’apparenza goffa e ridicola, disoccupata, capelli ricci, crespi e grigi. Un “brutto anatroccolo” mai baciato da nessuno. Lei, donna d’Edimburgo dall’accento scozzese, calca il palco della trasmissione Britain’s Got Talent, la versione inglese di X-Factor: trasandata, incurata, con due polpacci che all’occhio non rendono certo la sua parte. La giuria l’ha derisa, il pubblico nascondeva smorfie di disapprovazione e disgusto, i conduttori ne imitavano le sinuose danze. E lei, che fino al giorno prima aveva assistito la madre inferma, stava festosa al gioco: consapevole del talento trattenuto dietro sembianze poco graziose. Poi, giunto l’attimo, il brutto anatroccolo si trasforma in uno splendido cigno: apre bocca e lascia il pubblico sbigottito. La voce potente, graziata e aggraziata e quel modo antico ma dolcissimo di accompagnarla ad assoli imprevisti e imprevedibili. Fino a far impazzire i 37 milioni di utenti di YouTube che continuano a cliccarla e a emozionarsi – capeggiati da sua maestà Demi Moore – per quella voce divina nascosta dietro lineamenti non troppo curati.
Una dura lotta quella tra l’occhio e l’orecchio. Non solo l’occhio vuole la sua parte, ma ormai si prende quasi tutto. Lasciando all’orecchio piccoli e frammentari sprazzi per cogliere sfumature ammalianti, finezze nascoste, talenti naturali. La vecchia storia dei doppiatori: voce bellissima, fisico sgradevole. Eccezione fatta per questa donna scozzese capace d’abbellire un organismo fragile di bellezza con una divinità d’ugola che ne rilancia le quotazioni umane. E anche l’America, costruttrice di bellezze nel suo laboratorio di Hollywood, s’innamora di quest'”angelo peloso” – come lo definisce il Daily Mail – riconoscendo che stavolta il talento ha avuto la meglio sullo stile. Quello di Susan Boyle è la storia di un’avventura che parte dall’umiliazione per giungere alla bellezza, la vittoria dell’umiltà che decreta la sconfitta dell’orgoglio, la rivincita di ciò che all’occhio dell’uomo appare debole e indifeso. Quello che una donna bellissima, registrata con il nome di Maria di Nazareth, un giorno esclamò in fronte alla sublime bellezza di Gabriele, angelo celeste: “Ha guardato l’umiltà della sua serva, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili” (Lc 1,46-55). E’ da privilegiati affacciarsi alla vita vestiti di bellezza: le porte si spalancano ovunque. Più ostico avvertire una bellezza danzare dentro lineamenti faticosi da tradurre. Ma, appena sboccia, la rivincita conquista.
Stanotte si brindava all’audience finale de Il Grande Fratello 9: otto milioni di ascolti. Costruiti col trucco, con la malizia, con le insinuazioni. Oltre la Manica una casalinga – senza trucco né performance tra le lenzuola – è cercata da 37 milioni di utenti commossi. Stavolta è l’orecchio ad esigere la sua parte.
Chapeau, madame Susan!

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