Ognuno di noi ha il suo macigno.
Una pietra enorme, messa all’imboccatura dell’anima,
che non lascia filtrare l’ossigeno,
che opprime in una morsa di gelo,
che blocca ogni lama di luce,
che impedisce la comunicazione con l’altro.
È il macigno della solitudine, della miseria,
della malattia, dell’odio, della disperazione,
del peccato.
Siamo tombe allineate.
Ognuna col suo sigillo di morte.
Pasqua, allora, sia per tutti il rotolare del macigno,
la fine degli incubi,
l’inizio della luce,
la primavera di rapporti nuovi.
E se ognuno di noi,
uscito dal suo sepolcro,
si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto,
si ripeterà finalmente il miracolo del terremoto
che contrassegnò
la prima Pasqua di Cristo.
Pasqua è la festa dei macigni rotolati.
È la festa del terremoto.
Il Vangelo ci dice
che i due accadimenti supremi della storia della salvezza,
morte e resurrezione di Gesù,
furono entrambi caratterizzati dal terremoto (Mt 27, 51; 28, 2).
Pasqua, dunque, non è la festa del ristagno.

(Tonino Bello)

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